Non te l’ho chiesto

Nel meraviglioso periodo della gravidanza, oltre alle mille mani che ti toccano la pancia, ci sono anche i mille consigli non richiesti.

Quello che odio di più è “ho i piedi gonfi”. “Perché non cammini abbastanza”. A Venezia centro storico.

Ma pure “È la pressione alta”, quando a stento la massima arriva a 100.

E poi c’è l’evergreen sul cibo: tutti, senza avere idea delle mie analisi, sanno cosa posso o non posso mangiare. T U T T I. 

Speravo di diventare più dolce, invece sto odiando la gente molto di più. 

Psychoeffect

È ufficiale: comincia a darmi fastidio nascondere la sclerosi multipla alla famiglia dell’Architetto.
Non è una colpa. Non è la punizione per qualcosa che ho fatto. È sfiga. E non posso farci nulla. Nulla più delle iniezioni e dei boli.
Quindi dovrei smetterla di nascondermi.
È anche vero che fin’ora dirlo alla gente non ha mai aiutato gran che e che di fatto è stato più dannoso che altro.
Non lo so.
Vincerà il fastidio o la paura?

Roma a.d. 2014

E anche il mio terzo convegno giovani AISM è andato.
Bello, ma non splendido.
Non so perché: l’atmosfera era diversa, meno frizzante come.
C’è da dire che ero molto stanca e ho conosciuto pochi nuovi ragazzi perché sono stata con ragazzi che già conoscevo.
Poi ci sono stati diversi inciampi, per cui non è andato tutto liscio…
90 minuti di ritardo col treno (non c’è verso di arrivare in orario); mi hanno dato la stanza sbagliata e non ho potuto riposarmi nel pomeriggio; non avevo rete del telefono, e internet è arrivato tardi, e non ho potuto fare il live twittering che tanto mi avrebbe divertita…
Insomma nulla di grave, ma insomma.
Sul rientro a casa meglio soprassedere, perché se no mi viene un secondo travaso di bile.

Ch-ch-ch-ch-Changes

(Just gonna have to be a different man)
È successo: cambiato taglio (per la precisione: ora ho un taglio). E ho fatto il colore (riflessante, così non mi devo preoccupare troppo per la ricrescita).
Non è venuto fuori quello che avrei voluto (non succede mai), ma in ufficio dicono che sto bene, un’amica dice che sto bene, l’architetto (che mai in vita è stato indulgente) dice che sto bene, mancano solo AB e mia mamma (già tremo)… Mi rassegno: dopotutto non è agli altri che vogliamo piacere?
Riscontri a parte, non mi riconosco: è come se avessi cancellato le cicatrici che la guerra che sto combattendo ha lasciato. È come se non vi fosse più traccia delle battaglie, che per ora sono sempre riuscita a vincere, e che quindi sono ancora in grado di nascondere: erano i miei trofei, i miei scalpi, i miei denti di tigre.
Puff. Cancellati.

Troppe pippe per un biondo miele?

I’m still Jenny from the block

Ieri con l’architetto e una coppia di amici (quella del “sei malata?” e marito, per capirci) siamo andati a fare una gita fuori porta ed è stata una giornata orribile.
Ho visto una persona stravolta e totalmente diversa da quella che conoscevo, il che è normale: la vita va avanti e vai avanti anche tu.
Oppure indietro.
Da qui potete saltare.
E allora commenti sgradevoli sulla mia situazione economica e continue polemiche sull’architettura (orrida, siamo d’accordo) degli anni ’70 e sull’economia (dialogo con persone che non distinguono tra azioni e obbligazioni).
Mai avrebbero potuto permettersi una casa se non avessero pagato i genitori, non ho problemi con questo,mi sembra chiaro, ma questa cosa non ti rende migliore di me né in posizione di elargire consigli.
E non posso fare i calcoli di concepimento e nascita, che non funziona così, e che se fa caldo vado in montagna. Peccato che io sarò in sospensione dai farmaci, che devo fare quel poco che è in mio potere per ridurre la possibilità di ricadute, soprattutto nel primo semestre, che io non ho una casa in montagna, e che la maggiore stanchezza viene per l’aumento della temperatura e basta. Certo l’umidiccio veneziano non aiuta (ma nemmeno in inverno).
E poi un cambiamento radicale. Ad esempio fino all’anno scorso la coop era il male assoluto (lei è contro la plastica e contro i supermercati), ora hanno una responsabilità sociale. E non capisce le donne che non stanno a casa a fare la mamma, perché poi il bambino cresce problematico (non lo siamo né io, né mia sorella, lei è stronza, ma insomma mica per l’asilo!) e la carriera non è importante e per fortuna non lavora nell’economia, tipo marketing, perché si sentirebbe in colpa verso la società (eh certo: tutti i laureati in economia sono dei mostri senza cuore che sfruttano donne e minori).
Ok mi fermo e vado al punto.
Potete riprendere a leggere da qui.
Ne sono uscita ferita e umiliata da una persona che pensavo avesse capito che la vita non è sempre comoda.
Non voglio più ricascarci.
Ed è un peccato, perché io a loro voglio davvero bene.

Perle ai porci – 2

Sto diventando sempre più tollerante, ma con crescente fastidio, alle lezioni di vita da parte di chi si trova la pappa pronta.
È un bene o un male?
Non lo so davvero: i vaffanculo sono mai serviti a qualcosa, quando rivolti a quelli contrari ai supermercati, alla plastica (con l’introduzione di comode flebo in legno), ai mutui (che tanto paga tutto papà)?
Non credo mi toglierò mai il dubbio.

Sei malata? No, mi disegnano così

Ieri sera siamo andati a cena con un’amica, al settimo mese, e il marito.
Tutto bello. Tutto buono.
Ci sarebbe materiale per un post sulla donna che, avuti figli, dovrebbe stare a casa, su asili e materna come il male assoluto etc etc. Ma questo è un blog sostanzialmente sulla sclerosi multipla, e quindi nisba.
Ad un certo punto siamo lei, l’Architetto ed io in auto, e stavamo prendendo in giro l’Architetto perché si lamenta sempre: lavora solo lui, è stanco solo lui. E ad un certo punto io dico: “…ma noi siamo quelle stanche! Lei è in cinta, io sono malata”. E l’amica: “sei malata???”.
Non ho raccolto. Non raccolgo più. E nemmeno discuto più. Ci ho rinunciato.
Io sono fortunata, l’ho già detto, ma rimango malata. Rimango quotidianamente in lotta. Rimango stanca e costantemente sull’orlo della depressione: ogni mattina controllo se riesco a muovere braccia, gambe, mani, piedi, dita prima di alzarmi.
Non si vede. Non lo faccio vedere. Mi lamento il giusto e cerco di non ammorbare la gente.
Ma mi frego con le mie mani, alle volte. E la sclerosi diventa un accessorio che metto e tolgo a mio piacere e capriccio, non una rogna (stavo per scrivere maledizione) che gestisco -da sola- ogni giorno come viene e alla meno peggio.

La mia famiglia e altri animali

Domenica era il compleanno di mia mamma.
E ho organizzato una giornata coi fiocchi. Alla fine.
Era partita come un pranzo a sorpresa in zona di Chioggia, ma poi ho scoperto un’iniziativa della provincia: visita guidata al museo dell’isola di Torcello. Aggratis!
Quindi cambio di programma. Da una visita lei ed io, che solito funziona così, hanno fatto la sorpresona a me: ho portato tutta la famiglia + Architetto in gita. Una meraviglia.
Mia sorella si è lamentata per tutto il tempo, per qualunque cosa. A mio padre non è per niente piaciuta la cena (e in effetti è stata sotto le aspettative) e alla fine era stanco e brontolava. L’Architetto ha avuto un attacco d’ernia ed è stato male dalle 3 in poi (e stava in piedi appoggiandosi a me); e indovinate? Brontolava!!
Ma mia mamma era felice.
Alla faccia dei gufi.