Quot capita, tot sententiae

Alla fine non è andata: devo smettere di allattare per riprendere la terapia, nella fattispecie il copaxone.

L’ha detto il nerologo.

Lo so che è la cosa giusta da fare, che non è col latte che si crea il legame, che meglio una mamma in salute e che il mio bene è il bene di Denver. Tutto questo è molto vero, molto razionale, molto scientifico.

Ma emotivamente difficile: pensavo di essere pronta, e invece mi pesa.

A questo si aggiunga il fastidio che una neurologa mi aveva detto che avrei potuto allattare per 4 mesi e mo’ un altro, nello stesso centro, mi dice che no, meglio partire subito e quindi manco 50 giorni.

Decidetevi, che certe cose fanno proprio male.

Denver nato dalla tempesta

Sono rientrata in Italia in modo un po’ rocambolesco e Denver è nato (lunedì scorso, oggi fa una settimana circa).

È stato terribile. È ancora terribile.

Prima il dolore, poi la stanchezza. Ora l’angoscia di sbagliare e che gli possa succedere qualcosa.

In realtà per la maggior parte del tempo sono serena, beh quasi. Positiva, quantomeno. Poi ho crolli e crisi di ansia e angoscia così, da zero.

L’Architetto mi è vicino, ma non può fare molto. Soprattutto perché uno che nasce tondo non può morire quadrato.

Spero che la Psycho torni presto dalle ferie.

Andata, ritorno e nuova andata

Ad agosto si è aperto un nuovo capitolo della mia vita. Nuovo nuovo, per il quale ho lavorato e investito. Ero comoda e pigramente assestata in una routine di lavoro sì, ma anche di novità ed entusiasmo. Ero felice.

La mia psycho nel frattempo diceva che devo mettere giù l’agenda, che il mio eccessivo programmare non serve per calmare l’ansia, che la posso gestire in modo diverso, che la soluzione è nel mio approccio, non in quello degli altri. Io ascoltavo, ma senza veramente sapere come farne a meno.

E invece l’ho fatto. O meglio: l’hanno fatto per me.

Me l’hanno strappata, calpestata, bruciata e sparse le ceneri ai 4 venti. E ora io navigo a vista, senza guida e senza un protocollo, senza precedenti attendibili. 

E poi questo Natale è pure saltata la tradizione dell’agenda che mi regalava AB. Quindi sono ancora senza.

Terrore si può dire?

Celebration

Io ho una pagina facebook e l’altro giorno nella serie “oggi anni fa” mi è apparso un post in cui gioivo per il cambio di terapia: dal copaxone (un’iniezione giornaliera), all’azatioprina (una pastiglia giornaliera).
E gioivo per cose come l’uso dello scrub corpo, le docce calde, il poter decidere all’ultimo che sarei stata fuori fino a tardi la sera senza passare per casa, lo spazio in più in frigo…
Sembrano cavolate. Sono cavolate! Specialmente dopo aver visto Elena.
E ora un po’ me ne pento.
Ma sono anche felice: se posso gioire per certe cazzate, significa che non dovrei lamentarmi proprio per niente!

Piccola piccola

Ho detto a una collega della sclerosi.
Sono mezza svenuta in ufficio.
Ho visto una cara amica devastata dal decorso della sclerosi e non sono riuscita a piangere tutto il mio dolore per lei finché non sono andata dalla Psycho.
Sono debole.
Sono stanca.
Sono preoccupata per mille cose e niente.

E la psycho dice che devo darmi il tempo e lo spazio di essere piccola.

Posso farcela.
Non so come, ché non ce la faccio ora che ho tutto lo spazio per me.
Posso farcela.

Colpe e colpi

Oggi era serata fitness.
Per la prima volta da quando ho iniziato piscina anni fa sono stata incapace di seguire la lezione, troppo stanca. Troppo debole.
Possiamo dare la colpa al carico di lavoro eccessivo in questo momento.
Possiamo dare la colpa al non aver dormito molto.
Possiamo dare la colpa al biscotto* mangiato meno di mezz’ora prima di iniziare.
In realtà sono tutti modi per non ammettere che alla stronza oggi girava così, e che mi ha messa sotto.
Lei decide e io devo star zitta e adeguarmi.

Meglio cominciare a farsene una ragione, anche se non mangerò più un biscotto prima di entrare in acqua.

*Frolla, ma con grano saraceno: molto sano!

Febbre

Oggi ho trascinato AB (che gli altri erano pseudo-entusiasti) ad una visita agli itinerari segreti a palazzo ducale.
Bello bello bellissimo. Ma una faticaccia che avevo freddo freddo freddissimo.
In più ieri ho fatto il farmaco e ad un certo punto ho cominciato a sentirmi debole.
E per fortuna c’era AB che mi reggeva.
Comunque torno a casa, più spossata che mai, e ops: 38.4.
Non sono preoccupata, sono immunosoppressa e sono mali di stagione. Sempre che non sia il farmaco, anche se dovrebbe essere “parainfluenzale”, cioè te la senti ma non c’è…
L’unico problema è essere nelle mani dell’architetto: sopravviverò?

Psychoeffect

È ufficiale: comincia a darmi fastidio nascondere la sclerosi multipla alla famiglia dell’Architetto.
Non è una colpa. Non è la punizione per qualcosa che ho fatto. È sfiga. E non posso farci nulla. Nulla più delle iniezioni e dei boli.
Quindi dovrei smetterla di nascondermi.
È anche vero che fin’ora dirlo alla gente non ha mai aiutato gran che e che di fatto è stato più dannoso che altro.
Non lo so.
Vincerà il fastidio o la paura?

Neuroangoscia

La mia non è una Neurologa. È una NaziNeuro.
“Vieni in ospedale martedì”
“Ma veramente io devo fare un intervento in un seminario… possiamo fare mercoledì?”
“Tu vieni in ospedale quando te lo dico io”.
In ospedale: “facciamo il farmaco”
“Ma veramente io pensavo di farmi il farmaco venerdì così non ho ripercussioni sul lavoro che col weekend poi…”.

Alla fine ho spuntato il pomeriggio, ma sempre martedì (für die Katze, direbbero i tedeschi).
E però il farmaco lo faccio di venerdì.

Tiè.

Chiara visione

Non so se sia il lavoro con la psycho che sta dando i suoi frutti (io sono un po’ altalenante nei confronti della psicologia, mi sembra sempre manchi di scientificità…), ma insomma ho capito una cosa: quello che mi fa più male è che nelle difficoltà, più o meno causate o alimentate dalla sclerosi multipla, non trovo nell’Archietto una sponda, un aiuto o un supporto, ma ancora rimproveri e rimbrotti e urla.
E l’ho detto.
E forse sto cominciando veramente a stare sulle mie emozioni (ammesso che io abbia capito cosa questo voglia dire). E credo che l’architetto risponda.

Ecco: la psycho sarà fiera di me!
Voi siete fieri di me? Ditemi se siete fieri di me…. vi prego!!
(Dobbiamo lavorare ancora un po’ sull’autostima)