Ed ora arriva l’ansia

Un buon compliricovero a me! a me! a me! a me!
Ecco lo scoglio, il giro di boa, le colonne d’ercole, le forche caudine.
Il decimo anno.
E a dieci anni dalla diagnosi succede che […completare con sfighe a piacere…].
E invece no. O meglio: boh.
Nel senso che sono due giorni che ho un fortissimo mal di testa e che mi sento molto stanca; che so che mi aspettano 12 lunghi giorni di tristezza sparsa (grazie AB per l’en).
Ma è l’anniversario, bellezza.
Quest’anno, come ogni anno, ho inzuppato la settimana di cose da fare: magari stavolta funziona. 
Ma soprattutto ho deciso di mandare il mio cv al dirigente che dirige la direzione dove vorrei lavorare: prendiamo il toro per le corna e mal che vada dice no grazie.
E domani se sono tanto triste dopo pranzo vado in casa nuova.

Brindiamo tutti insieme con un altro po’ di tea.

9 anni fa – fine pena mai

Il 22 febbraio è arrivato ed è passato. E io sono sopravvissuta. E ho ricominciato. Anche grazie a AB e alla sua mamma che mi ha pseudo adottata e mi ha regalato una borsa bella bellissima coi gatti. Ecco.
Però:
La mattina ho avuto una crisi, che l’Architetto mi ha chiesto com’è andata (quest’anno s’è accorto di qualcosa).
A metà mattina sono andata da una parrucchiera nuova. Ricresceranno.
Poi ho fatto la spesa.
Poi ho dormicchiato. E poi teatro.
E insomma è andata.
È andata che mi hanno portata in una stanza, con microscopi e sedie tipo sgabelloni, e io mi ci sono appollaiata sopra. Dietro di me due infermiere e mia mamma, soffocata dall’ansia, vicino alla neurologa (un’altra, mai vista prima, un’arpia, ma sa come dare le diagnosi).
Pure lei la prende larga: mielina, autoimmume, ricadute, lesioni, cortisone… ma legge la vacuità nei miei occhi e spara: “insomma hai la sclerosi multipla”.
Dieci secondi. E il nulla. E le forze che se ne vanno. E le braccia delle infermiere che mi agguantano.
La neurologa taglia corto: non guardare in internet, se hai domande chiamami… e poi:”te la senti di tornare a casa? Ci vediamo tra una decina di giorni. Io non posso fare più nulla per te qui, ma se ti senti più tranquilla ti tengo ancora un po’”.
Ho chiesto di essere dimessa: i lutti si affrontano a casa.
Mi vesto, mi sistemo un attimo, aspetto mio papà che non c’era (ancora non c’è) e vado a prendermi le scartoffie: “Diagnosi: sclerosi multipla.
Codice esenzione 046.

Data guarigione: mai”.

9 anni fa – seconda

9 anni fa, oggi, ero in ospedale.

Sono sostanzialmente i giorni più duri dell’anno. 12 lunghi giorni. E in questi giorni ricordo più che durante gli altri, nei quali il lavoro, i miei amici, la mia gattina, la mia vita insomma, riescono a distrarmi.

Ricordo che c’era la neve, e un infermiere raccontava soddisfatto e fiero di aver messo le gomme da neve. Ricordo una paziente indiana, che praticamente non parlava italiano, spaventata, e questo infermiere che le urlava “signora, sta male? ha fame?”. E noi a spiegargli che non è che fosse sorda, solo straniera. Quindi abbiamo suggerito i bigliettini: abbiamo chiesto alla figlia circa dodicenne, che veniva a trovarla e faceva i compiti in reparto il pomeriggio, di fare dei bigliettini double face: da un lato ho fame/ho male/ho sete/etc e dall’altro le stesse cose, nella sua lingua. E l’infermiere ha smesso di urlare.

Ricordo un medico, che abbiamo soprannominato scrubs, specializzato da poco, che faceva il giro letti col primario e veniva tartassato e umiliato, senza pietà.

Ricordo l’ape maia, un’infermiera che mi faceva i prelievi, e mai mai mai un fastidio né un ematoma.

Ricordo quando mi hanno sospeso la pillola, inducendomi il ciclo, e un dolore fortissimo. Ricordo che le infermiere non ci credevano. Ricordo che mi diedero un’aspirina per il dolore, e la mascella stretta dalla rabbia trattenuta del mio ragazzo dell’epoca, dopo ore che mi vedeva contorcermi nel letto, frenato da mia madre all’ennesima resistenza nel darmi un antidolorifico serio.

Ricordo la rosa appuntata sul camice della non ancora infermiera che mi teneva la mano, e che io credo di averle stritolato, durante i vari tentativi di rachicentesi.

Ricordo il gusto orrido dell’acqua che ci davano.

Ricordo il mio primo mp3: il mio ragazzo di allora me lo regalò per san valentino perché io avessi qualcosa da fare, oltre a leggere e ad angosciarmi.

Ricordo che un’amica mi mandò un sms per dirmi che avevo preso 28 in un esame, ma non ricordo quale.

Durerà ancora poco più di una settimana. E posso farcela. Di nuovo.