Confronti e scoperte

Una ex collega, che ora lavora presso un altro ente e in un’altra città, mi ha raccontato che avrebbe avuto l’opportunità di lavorare per sei mesi presso la sede di Bruxelles del proprio ente. Erano solo sei mesi. Era una sostituzione di maternità.
Ha rifiutato.
Perché il suo fidanzato ha appena trovato lavoro in questa nuova città e perché si sposa.
E io non riuscivo a pensare ad altro che non fosse “rifiutare Bruxelles”. E le sue motivazioni mi sono sembrate così insulse e stupide.

E di nuovo dal confronto mi definisco, e capisco che io sono me e nessun altro e non entro in altri schemi.

Ovviamente le ho detto “evviva, certo hai ragione, etc”, ma qui, sola al buio, che non mi sente nessuno, posso essere sincera e me stessa e lo dico ad alta voce:
CHE GRANDE CAZZATA! CERTA GENTE NON MERITA LE OPPORTUNITÀ CHE HA!

Ecco mi sento meglio.

Pronti. Partenza.

Sembra ci sia una data. Io ovviamente non la so, ma me la diranno lunedì. Comunque c’è poco da dire: o agosto, o settembre. L’1 o il 15, come dice la mia segreteria.

Era tanto che non sentivo questa ansia frizzicorina: paura e terrore certo, più per le competenze e il lavoro nuovo che il riposizionamento in una nuova città, ma conditi di emozione per una nuova esperienza.

E sono angosciata per il farmaco (le ricadute no: il cortisone è cortisone, non è che ci sia molto altro da fare) anche se la neurologa no, non lo è.

E sono angosciata per i vestiti, le scarpe e le borse ché non so se c’è un dress code o che, e quindi partirò ultra formale, e poi boh, qualcosa mi inventerò. Oppure potrei partire leggera  e fare shopping lì. Anche questa è un’opzione. Il peggio sarà stirare.

E sono angosciata per la palestra: come capirò le urla dell’insegnante? Già ora non è che brilli.

E l’estetista? E la parrucchiera? Già capirsi in italiano è dura, poi il mio francese belga vallone fa schifo. Niente: dovrò fare un corso serio. Però di francese, così poi me lo rivendo.

Il mio mantra sta diventando “keep calm and think gaufre”.

E ricordiamoci che c’è il re e che la Kate Middleton ce l’ha fatta!

Sono una cattiva persona

E insomma c’è questa cosa al lavoro. Una selezione per un posto al quale ambisco tanto tanto tanto tantissimo.
Non siamo in tanti ad avere le caratteristiche richiesta: lauree specifiche, lingue, una precisa esperienza, un’ottima dose di flessibilità… non tanti tra i tempi indeterminati.
Ma tra i tempi determinati sì. Praticamente tutti! Sapete: le nuove generazioni sono mediamente più titolate, se non altro per battere la concorrenza.
Comunque una mia grande amica, determinata e maledettamente brava, mi ha detto che avrebbe voluto concorrere, ma che, appunto, è solo per gli indeterminati. E non è l’unica.
E io ho ho tirato un sospiro di sollievo: con quei concorrenti non avrei avuto alcuna chance.

E a quanto pare sono anche una persona mediocre.

8 novembre

Ero indecisa tra un post faceto e allo stesso tempo profondo, e un post lamentatio sui lamenti altrui.
Sapete cosa? È il vostro giorno fortunato…

Insomma il trasloco è fatto, la maggior parte degli scatoloni sono stati svuotati e l’abbonamento ai mezzi è diventato un vezzo.
Però la nuova camera ha un problema: non vedo libri quando mi sveglio. Leggo, certamente, li ho negli scaffali che fanno da testiera al letto, intorno a me quindi, ma aprire gli occhi e vedere una piletta di 4/5 libri sul comodino è un’altra cosa.

Urge salto all’ikea, che ormai odio con tutta me stessa, nella speranza che abbiano un microcomodino, perché la larghezza massima è una spanna. O una soluzione alternativa. Ma ci devono stare i libri e possibilmente qualche strafanto inutile ma di conforto.

Un comodino, un comodino, il mio regno per un comodino.

Risonansia – com’è andata?

Bene direi: si è solo rotta la macchina finché ero in sala d’aspetto. Una gioia proprio. Alla fine a forza di tentativi (che sarà stato spegnere e riaccendere una ventina di volte), la macchina è ripartita e io sono entrata.

Il referto lo ritiro sabato, ma il tipo mi ha già anticipato che è comunque tutto invariato e sto bene.

Evviva! Ma voglio la cura: non intendo rischiare oltre.

E preferibilmente l’interferone sotto cute: fa molto meno male!

E una settimana di ferie. Ma ferie davvero!

E una brioche alla crema. No, quella ce l’ho.

Il prossimo anno

È arrivato il mio compleanno ed è passato.
Ho festeggiato in ufficio, dalla psycho e correndo su e giù per piastrelle. E la sera a cena in un fantastico ristorante. Insomma il compleanno ideale dell’architetto.
Io che per il mio compleanno vorrei soll fare un picnic, ma con cestino e tutto!
Magari ce la faccio. Magari l’anno prossimo riesco a fare il compleanno che vorrei.

Io ho visto la luce

Si vede la fine del cantiere. Si vede la luce.

In particolare: ho personalmente e in solitaria scelto il pavimento. Il giusto colore, il giusto grado di sbirluccicchio, la giusta texture sotto i miei piedini, i giusti tempi di consegna, il giusto prezzo. Tempo netto? 20 minuti, fuga abbinata compresa. Dopo che l’Architetto mi ha trascinata da piastrellisti per mesi il sabato mattina tra urla e sbraiti: non sapete quanto gli rode. Manca il rivestimento, scelto ma non ordinato.

Finora avevo giusto deciso wc e bidet: il pavimento è una bella conquista!

E abbiamo (ho) ordinato la cucina: melanzana e bianco. Matt. Mi piace e arriva a metà luglio. Stiamo ancora valutando gli elettrodomestici: non costano molto meno acquistati non dal mobiliere… mi sa che non conviene.

Insomma il cantiere sta finendo: non vedo l’ora di entrare e di fare pulizie e di arredarla e di riempirla di gatti abbandonati. Sono veramente esaurita! Però il mio fisico regge bene: sono stanca, sì, ma temevo drammi e ricadute che al momento, nonostante l’assenza di terapie, non si sono viste [e tocchiamo ferro tutti assieme].

Ogni tanto ho periodi bui, tipo l’altro ieri che sono andata a parlare alla signora di due piani sopra per dirle “ciao signora di due piani sopra! ti dobbiamo fare un buco nel muro perché la mia caminella della caldaia è ostruita dietro il tuo muro e non ho intenzione di far saltare in aria il palazzo”. Non è stato carino né facile, ma nemmeno impossibile.

In quei momenti stilo l’elenco delle persone che inviterò all’inaugurazione: usavo lo stesso trucco in tesi per la festa di laurea. Ha funzionato allora e funziona ora.

Ancora mi manca quando l’Architetto mi diceva “non vedrai mai il cantiere! sei la committente: romperesti solo le palle”.

E io che ci avevo pure creduto.